mercoledì 16 febbraio 2011

Uno sguardo frettoloso al Grande Medio Oriente …


E' bastato meno di un mese di rivolta ai tunisini per far cadere un regime come quello di Zin el-Abidin Ben Ali e del suo clan familiare e per tentare di aprire la strada ad un futuro inquietante,incerto ma forse anche democratico.



Le premesse sociali e culturali probabilmente non ci sono ancora tutte ma la Tunisia per vari motivi sembra il paese arabo più lanciato verso una sfida, quella della democrazia che giocoforza dovrà avere nella Turchia laica e musulmana di Erdogan il suo principale modello ispiratore.

Passando dal cuore del Maghreb alle rive del Nilo le inquietudini sociali e politiche sembrano non essersi fermate anzi sembra che proprio i giovani egiziani, la stragrande maggioranza di un paese di enorme importanza strategica e politica ,abbiano assunto la guida di quella che qualcuno ha chiamato romanticamente la "rivoluzione del Nilo".

La caduta del trentennale regime di Mubarak non era affatto scontata e probabilmente ha lasciato sorpresi i principali interlocutori internazionali dell'Egitto,l'UE,l'Arabia saudita,gli Stati Uniti ed Israele.

Paradossalmente sono stati proprio questi ultimi due paesi ad essersi trovati più esposti ali repentini avvenimenti che sconvolgevano il paese dei faraoni .

La Casa Bianca, probabilmente tentando di evitare gli errori che commise in Iran,si è sorprendentemente e manifestamente schierata da subito con la piazza in funzione antimubarak , mentre il governo di Gerusalemme non ha nascosto le proprie paure circa gli accadimenti in Egitto , unico paese a maggioranza musulmano (insieme alla Giordania per la verità)con cui intrattiene" fredde " relazioni diplomatiche .

E' risaputo che l'ambasciatore israeliano al Cairo vive in un bunker e passa il suo tempo scrivendo solo le proprie memorie.



Volgendo lo sguardo al resto del Grande Medio Oriente, dal maghreb al mashrek si nota che i segni e i prodromi per potenziali rivoluzioni ci sono tutte:

BAHREIN. Nel piccolo arcipelago tradizionalmente la minoranza sciita denuncia discriminazioni da parte della maggioranza sunnita. Il governo avrebbe promesso maggiori libertà e aiuti economici ,

LIBIA . Nemmeno il leader della grande Giamairia Muammar Gheddafi pare passarsela molto bene se per il 17 febbraio (giorno in cui l'opposizione scenderà in piazza a Tripoli tra mille intimidazioni dell'ISA agenzia interna per la sicurezza libica) ha addirittura schierato l'esercito e i servizi segreti interni ,paventando disordini e rischi che potrebbero diffondersi all'intero paese.

ALGERIA . A differenza di quanto è accaduto in Egitto e Tunisia, qui l’opposizione al presidente Abdelaziz Buteflika non è riuscita a coalizzarsi tanto che i socialdemocratici e gli esponenti islamici pare non abbiano ancora le idee troppo chiare.

Probabilmente in Algeria si sconta un maggiore radicamento delle forze islamiche radicali e una significativa frammentazione delle forze di opposizione.

MAROCCO . Il regno del Marocco sembrava l'unico paese del Maghreb a non essere stato toccato dalle rivoluzioni di queste settimane ma evidentemente la situazione economica e la crescente disoccupazione giovanile sta facendo traballare antiche certezze. Un ruolo centrale e stabilizzatore lo gioca senz'altro Mohammed VI e la famiglia reale il cui ruolo nel gioco politico marocchino caratterizzato ormai da tempo dal multipartitismo (forse eccessivo) rimane fondamentale decisivo e spesso opprimente .

GIORDANIA .Davvero poco è bastato in Giordania per convincere la Monarchia Hascemita a far dimettere l'intero governo,primo ministro incluso e a promettere di varare riforme "democratiche" .

Essenziale in tal senso pare essere quella di una condivisione di responsabilità politica con il parlamento nella nomina del primo ministro,fin'ora appannaggio esclusivo della corona che, va riconosciuto, ha sempre garantito il rispetto dei diritti della folta comunità cristiana addirittura leggermente sovra rappresentata nel parlamento di Amman.

IRAN. Il regime teocratico di Teheran ha salutato con favore le rivolte e i successi dei giovani tunisini ed egiziani cavalcando spregiudicatamente quegli avvenimenti e dando loro un significato esageratamente antioccidentale e islamista .,probabilmente in misura maggiore di quanto ciò corrisponda al vero.

Il 14 di febbraio si è tenuta una manifestazione a Teheran dell'opposizione riformista e quasi in modo automatico si sono avuti arresti dei leader dell'onda verde primo fra tutti Mehdi Karroubi.

YEMEN . L'onda del malcontento ha raggiunto già da tempo anche il più povero dei paesi arabi . Migliaia di oppositori al regime del presidente "quasi A vita" Ali Abdallah Saleh sono scesi nelle piazze della fiabesca San'a per chiederne le dimissioni dopo un "regno" di ormai 32 anni ,da quando cioè i due Yemen vennero riunificati dall'attuale dirigenza nord yemenita .


Nessun conosce bene quelli che saranno i veri risvolti politici e sociali della rivoluzione del gelsomino in Tunisia o della rivoluzione del Nilo in Egitto e a dispetto di queste denominazioni così rassicuranti , nell'opinione di molti prevale un certa inquietudine ,forse sarebbe più opportuno chiamarlo pessimismo,incertezza (certamente sensazioni non prive di fondamento)o forse molto più semplicemente andrebbe detto che ogni giudizio su questi sommovimenti è per il momento banalmente prematuro.

Staremo a vedere.

Dariosiculo

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