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Con questo documento, la Fabbrica di Nichi Milano avanza il proprio contributo in vista dell’assemblea nazionale del movimento. Forti di un’esperienza politica per certi versi sbalorditiva, ma consci dei limiti emersi, si propone al movimento di rafforzare la propria natura di ‘laboratorio politico’ della sinistra e di procedere alla creazione di un coordinamento interno democratico ed efficace. Un appello per tutte le Fabbriche.
1 – Le Fabbriche di Nichi costituiscono un capitale umano e politico di indubbio valore, un patrimonio da custodire e da rafforzare, una forza viva e appassionata da coltivare e migliorare. Il loro riverbero mediatico e politico è andato ben oltre lo scopo per cui erano nate, superando di gran lunga ogni più rosea aspettativa iniziale e, proprio per questa ragione, suscitando grandi speranze e destando scalpore per rapidità di diffusione e fervore partecipativo. Partite infatti come un comitato elettorale, le Fabbriche hanno assunto una nuova valenza e una nuova capacità all’indomani dell’ri-elezione di Nichi a governatore della Puglia: quella di coinvolgere migliaia di giovani entusiasti in attività politiche, civili e sociali attorno a un progetto politico nuovo, questa volta di proiezione nazionale. L’enfasi partecipativa e l’assenza di rigide piramidi interne ha reso l’ambiente della Fabbrica idoneo ad attirare una generazione che ha da sempre guardato con distacco e freddezza ai partiti politici classici, considerati incubatori di idee vecchie, di pratiche dissolute, di gerarchie stantie e obsolete.
In questa attività di mobilizzazione, le Fabbriche sono state capaci di esibire, cosa non scontata a sinistra, un repertorio di linguaggi, pratiche ed esperienze interamente innovativo. Il vero motivo del successo risiede proprio nella capacità di scoprire forme nuove di fare politica, intercettando il sentire comune e la psicologia delle nuove generazioni attraverso modi meno densi e dottrinari di manifestare il proprio dissenso e proporre alternative rispetto al passato. La componente ludica, attraverso i flash-mob, è stata sicuramente uno degli elementi di maggior successo, e più in generale la porta aperta alla creatività di ogni singola fabbrica è stata la chiave di successo di una mobilitazione ampia e partecipata.
2 – L’entusiasmo che si è generato è però anche figlio di un ri-orientamento politico, quello intrapreso da Nichi, di cui il paese e la sinistra abbisognavano profondamente: testimone ne è la diffusione a macchia d’olio di consensi ben oltre l’ambito Fabbriche e SEL. Se ci si permette l’espressione di “mercato politico”, Vendola, all’interno di questo agone, ha individuato correttamente la mancanza di un’offerta e la presenza di una domanda. Ha colto cioè che con il progressivo e ormai ventennale spostamento al centro del PDS/DS prima, e del Partito Democratico poi, veniva lasciata scoperta un’ampia fascia, tanto comunista quanto non comunista, ma profondamente ancorata alle rivendicazioni storiche della sinistra. Un settore cioè disilluso dal PD e dal moderatismo, e tuttavia scettico nei confronti dell’ala radicale, dell’estremismo, della logica minoritaria, del discorso di nicchia. In questo senso la riscoperta di un radicalismo non estremista, di un riformismo, per così dire, coraggioso, così come la messa in soffitta di certi repertori linguistici ha consentito di presentare una sinistra che non bada più alle distinzioni filologiche e ai voli pindarici, ma vi preferisce una cultura pragmatica e di governo, pur senza scadere nella svendita e nella rincorsa al centro.
Le Fabbriche sono state capaci di riflettere bene questo smarcamento e questa riproposizione. Evitando l’accademicismo e l’atteggiamento a tratti rissoso e autoreferenziale dei centri sociali, l’impegno verso obiettivi concreti, così come l’inclusione al proprio interno di componenti sociali eterogenee sono stati elementi in grado di dare forma a un soggetto sociale variopinto e non settario, che ha coadiuvato la proposta di Nichi su livelli diversi da quelli di SEL.
3 – Tuttavia non sarebbe giusto sottovalutare la presenza di una serie di criticità e di sfide per il futuro. Le Fabbriche, dopo i primi mesi di forte diffusione, hanno subito infatti un arresto della propria spinta propulsiva. Ad eccezione di un numero di Fabbriche ben radicate sul territorio e discretamente amalgamate, molte si sono invece perse per strada e poche nuove sono state aperte. L’attività complessiva delle Fabbriche è rimasta confinata alle iniziative delle unità più attive, senza che però a tale movimento corrispondesse un effettivo incremento della partecipazione. Da ultimo, le recenti polemiche circa il ruolo delle Fabbriche pongono la necessità di riflettere criticamente sul da farsi e l’urgenza di rilanciare il progetto in una congiuntura politica che sembrerebbe aprire spazi d’azione fino a poco fa impensabili.
Per entrare nello specifico, si è manifestato un limite nella modalità ‘ludica’ e ‘orizzontale’ dell’agire (pre)politico, leitmotiv iniziale, come accennato sopra, delle Fabbriche. Da una parte, un buon numero di queste non sono state in grado di avanzare verso un vero e proprio laboratorio politico, mantenendode facto l’assetto di casse di risonanza del nome di Nichi. Compito, questo, sempre importante, ma a cui sembra mancare la capacità di graffiare maggiormente in termini politici e di allargamento del consenso. Alcune Fabbriche, al contrario, hanno sviluppato attività di proposta politica più complessa e articolata, dando vita a progetti che hanno avuto il merito di spingersi oltre l’assillo della partecipazione. Queste, quindi, hanno avuto come orizzonte la crescita più squisitamente politica dei propri componenti, nonché l’organizzazione di iniziative di dialogo e di elaborazione intellettuale. In molti casi, tale fine è stato perseguito cercando di raggruppare e coinvolgere diverse realtà sociali già presenti sul territorio, creando un nesso vincente con il tessuto più avanzato della società civile. In un’ottica strategica, l’immagine di Nichi, ma più fondamentalmente il progetto di cui si è fatto portavoce, trarrebbe maggior beneficio dalla presenza di giovani slegati dalla logica partitica, ma interessati alla politica, che giocano l’azione di ‘pusher’ di idee e di proposte, ragionando insieme a lui di welfare, ambiente, lavoro, politica estera, ecc.
4 – Quasi ogni Fabbrica si è posta, dopo qualche mese di attività, la fatidica domanda divenuta nel tempo il tormentone del movimento: -Chi siamo?- Questo interrogativo psicoanalitico si ripropone a intervalli regolari ed è causa di intorpidimento delle attività, ma soprattutto delle motivazioni di molti fabbricanti. La domanda, lungi dall’essere retorica, è legittima. Il nostro andare politico non può essere privo di una bussola e della conoscenza del luogo di partenza. Se in una fase iniziale la mancanza di un delineamento politico chiaro può essere stato motivo di successo grazie alla mancata erezione dei classici steccati ideologici in un contesto di spontaneismo sorto attorno a un leader carismatico e popolare, l’assenza di una linea maggiormente definita ha contribuito a fomentare la confusione.
Nell’intervento conclusivo di Nichi agli Stati Generali di luglio 2010, emersero tre elementi degni di nota. Il primo era quello che la Fabbrica Zero di Bari manteneva una funzione di coordinamento delle altre Fabbriche, diritto d’altra parte scontato per chi aveva contribuito a fondare e a diffondere questo movimento. Il secondo elemento è stata la dichiarazione di Nichi circa l’intenzione di rendere le Fabbriche una sorta di Comunione e Liberazione della sinistra. Prospettiva fine e lungimirante, di cui purtroppo non tutti hanno colto il significato, irretiti dal nome di CL. Un terzo elemento implicito è stato quello che non sarebbero state create gerarchie interne, ulteriore sponda nei confronti dello spontaneismo, e che ogni Fabbrica avrebbe organizzato la propria attività più o meno autonomamente.
Da questo scenario si dipanano quindi una serie di questioni che sarà bene riassumere con le seguenti domande: 1) Qual è il tratto politico caratterizzante la Fabbrica di Nichi? 2) In quali attività dovrebbero cimentarsi i fabbricanti? 3) Chi prende le decisioni e in base a quale mandato? Nei seguenti punti si abbozzano una serie di risposte ai tre quesiti.
5 - Senza rendere le Fabbriche un terreno di feroce quanto inutile disputa ideologica, si pone necessario articolare una risposta sufficientemente lasca e aperta circa il collocamento all’interno dello spettro politico, declinando perlomeno una serie di capisaldi principali del proprio impegno politico. Questo al fine di motivare e riattivare quanti hanno, lungo il percorso, perso lo slancio necessario a causa di una scarsa chiarezza del percorso da intraprendere, ma più fondamentalmente per superare la concezione di Fabbrica come marchio, come brand e renderlo soggetto vivo e pensante.
Come punto di partenza da cui sviluppare un discorso più ampio, si può prendere proprio il ragionamento che vede Nichi impegnato nello sdoganamento di un riformismo radicale e dell’apertura di una nicchia di mercato politico sinora inesplorata. Allo stesso tempo, l’ostinata ricerca di Nichi di abbottonare la proposta politica alle tradizioni culturali più consolidate nella società italiana dovrebbe essere un’altra linea guida, nonché fonte d’ispirazione circa il collocamento della Fabbrica. In altre parole, per utilizzare un linguaggio più giovanile e politicamente scaltro, la ricerca di rendere pop la sinistra, scoprendo allo stesso tempo proposte che trovino forza e giustificazione nell’attuale contesto italiano, dovrebbe animare l’agire delle Fabbriche.
6 – Come si è già accennato, il semplice ruolo di agente marketing di Nichi sembra ormai stare stretto a una parte delle Fabbriche. Non che l’azione di pubblicizzazione e di richiamo verso certe tematiche, effettuata nelle maniere più diverse e creative dalla maggior parte delle Fabbriche, non sia servita a nulla: il ruolo di promotore del progetto di Vendola è stato cruciale al fine di rendere visibile la ‘buona politica’ e attirare un numero crescente di giovani verso questo disegno.
La necessità di coadiuvare questa visione nasce però dalla constatazione che questa politica non può diventare effettivamente migliore se non la si riempie di contenuti e progettualità. Se non si passa, in parole più dirette, dal dire al fare. La classe dirigente di SEL non sta brillando per capacità di mettere in campo un discorso alternativo e complesso. Le Fabbriche sono state in grado di attirare giovani brillanti e tecnicamente abili nelle discipline più disparate, seppure in maniera disomogenea sul territorio. Se le Fabbriche, nel loro complesso e quindi come obiettivo esplicito, si muovono nella direzione di bilanciare tanto azione partecipata e leggera, con fini elettorali o simil-elettorali, quanto la costruzione di un’alternativa di governo, è possibile correggere questo tipo di squilibrio. Le Fabbriche sono, in questo senso, il laboratorio ideale per la costruzione di un cantiere di idee, in quanto slegate da un partito e vicine piuttosto a un uomo che ha fatto dell’ascolto delle varie componenti della sinistra profonda la propria raison d'être politica. Il momento non potrebbe essere più opportuno: il vento di cambiamento che ha iniziato a spirare nella società italiana dalle Amministrative in poi ha bisogno di trovare una direzione opportuna, un incanalamento che lo porti ai piani alti della politica, da cui operare i cambi che richiede disperatamente questo paese. Paradossalmente, si è trovato prima l’uomo dei progetti. E’ ora di fornire uno spazio in cui tutte le componenti provenienti dall’associazionismo, dal sindacato, dall’educazione pubblica, dalla società civile schierata più in generale, convergano per consegnare nero su bianco ‘il mandato’ a colui che incarna già, a livello emozionale, le pulsioni di questa parte del paese. Le Fabbriche sono il foro più idoneo per far confluire le istanze che ancora non trovano spazio nei programmi dei partiti.
7 - La Fabbrica Zero ha di fatto funzionato come la Fabbrica organizzatrice, ma in assenza di uno statuto e di regole ben precise, si è mossa priva di una linea d’azione chiara, risolvendo controversia per controversia, analizzando episodio per episodio. Questo è stato un limite, in quanto non ha permesso un agire sistematico e coerente, ma ha dato vita a una serie di zig-zag. Come analizzato criticamente da Onofrio Romano nel suo saggio, ha mancato di universalità. Allo stesso tempo, ha fatto sì che l’entourage più stretto di Nichi sia rimasto pressoché di estrazione pugliese, un limite questo, alla luce della necessità del personaggio di sdoganarsi in altre aree del paese, soprattutto nel Nord.
I compagni di molte Fabbriche hanno avvertito questo come un limite con il passar del tempo, consci dell’importanza che possono giocare territorialmente e nazionalmente, ma ostacolati da un accesso non diretto a Vendola e da una mancanza di norme chiare circa il funzionamento della Fabbrica. Investire maggiormente nelle Fabbriche sparse per il territorio, a cominciare proprio da quelle che hanno dimostrato maggior spessore e adesione al progetto, e includerli nelle scelte strategiche del movimento è chiave per motivare i partecipanti, così come stabilire un conciso corpo di regole che evitino la discrezionalità, pur esercitata in maniera bilanciata, dai gestori correnti.
In tal senso, l’assemblea nazionale dovrà essere il trampolino di ri-lancio per le Fabbriche. Costituisce un’opportunità per creare un maggiore collante e una maggiore sintonia fra le Fabbriche e i fabbricanti, migliorando la comunicazione interna e la scelta condivisa sul da farsi. Tale fine, tuttavia, non dovrebbe essere perseguito unicamente attraverso lo stabilimento di relazioni inter-personali, aspetto pur sempre importante dell’incontro. A questi propositi vanno infatti fatte corrispondere una precisa suddivisione dei ruoli e un coordinamento meglio articolato rispetto a quello riscontrato sinora. Crediamo altresì che entrambi gli elementi debbano essere il frutto di un consenso generale che coinvolga fabbricanti provenienti dal numero più ampio possibile di Fabbriche presenti sul territorio. E’ necessario cioè che le Fabbriche cessino di essere viste come una semplice emanazione di Vendola e diventino invece un soggetto unico di proiezione nazionale che si auto-regola e auto-gestisce attraverso un conciso, ma efficace corpo di regole, pur nel rispetto dell’autonomia delle singole Fabbriche. In altre parole, si pone l’urgenza di creare un minimo di istituzionalizzazione, parola purtroppo interpretata negativamente dai più. E’ bene dire, a scanso di equivoci, che per istituzione non devono essere intesi una macchinosa schiera di funzionari e un’infinita collezione di codici e appendici burocratiche fondati su un rapporto verticista. Nel nostro caso, questo bisogno risponde piuttosto alla basilare necessità di sottrarre dall’arbitrio parziale i rapporti tra una comunità e il suo corpo dirigente al fine di orientare coerentemente l’azione di tale corpo e renderlo in linea con le aspirazioni della propria comunità.
8 - Un appello a tutte le Fabbriche di Nichi
Ad un anno dalla prima edizione degli Stati generali e in seguito al dibattito che nelle ultime settimane si è svolto sul ruolo delle Fabbriche, è necessario un definitivo chiarimento su quale debba essere il compito e l’obiettivo di questo progetto. Bisogna chiarire irrevocabilmente se le Fabbriche debbano essere un mero “strumento di scopo” o, piuttosto, un “laboratorio politico” capace di elaborare nuove idee e promuovere nuove proposte per rispondere alle molteplici esigenze che provengono dalla società/comunità.
Sintetizzando quanto descritto nelle precedenti tesi, ribadiamo che, dal nostro punto di vista, le Fabbriche di Nichi possano essere quel “tassello” a sinistra capace di:
- aggregare e mobilitare giovani che, anche se non iscritti ad un partito, militano in associazioni e movimenti, e/o partecipano attivamente al dibattito pubblico nelle modalità più disparate – è nostro compito tentare di trasformare il sentire pre- politico di buona parte di questa generazione in un coinvolgimento politico maturo
- essere quel collante mancante tra comunità/territorio e partito politico
- promuovere e contribuire alla creazione di quel soggetto politico unico a sinistra a cui Vendola ha fatto esplicito richiamo in più occasioni e la cui necessità diviene lampante alla luce della dispersione delle forze
- rispondere alla domanda sempre più pressante di un ricambio generazionale
Le Fabbriche possono essere il luogo “fisico”e “virtuale” in cui unire tutte le forze e creare una rete della sinistra, poiché alcune di queste realtà hanno già dimostrato di essere un movimento in grado di camminare con le proprie gambe e di creare i vincoli necessari per sviluppare progetti e azioni articolate.
Per raggiungere tale scopo è necessario individuare un coordinamento in grado di realizzare una piattaforma per facilitare la circolazione e la condivisione di idee e sviluppare un’interazione efficace e reale tra tutte le “Fabbriche”.
È importantissimo che questo chiarimento avvenga al termine dell’estate, acciocché vi sia il tempo necessario per poter riflettere esaustivamente sul da farsi e permettere ai fabbricanti tutti di sviluppare un’opinione complessa sul dibattito interno. In tal senso ci rivolgiamo a tutte le Fabbriche di Nichi che condividono le nostre tesi e la nostra proposta, chiedendogli di sottoscrivere questo documento.
Fabbrica di nichi Milano
Fabbrica di nichi Alessandria
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