Le elezioni australiane s'erano concluse con un nulla di fatto. Nè i laburisti né i conservatori erano riusciti ad ottenere la maggioranza assoluta per formare un esecutivo. I risultati definitivi davano 73 seggi ai conservatori, 72 seggi ai laburisti, un seggio ai verdi e quattro seggi a candidati indipendenti. La premier uscente, la laburista Julia Gillard, ed il suo sfidante conservatore Tony Abbott onde governare dovevano quindi raggiungere un accordo con questi cinque parlamentari. Il deputato verde Adam Bandt annunciava quasi subito il suo appoggio alla Gillard, rimanevano quindi i quattro indipendenti a fare da ago della bilancia. Inizialmente Tony Abbott sembrava favorito. I conservatori infatti avevano comunque la maggioranza relativa dei seggi, avevano ottenuto la maggioranza sia nel voto di prima preferenza che nelle seconde preferenze. Inoltre dei quattro indipendenti tre erano ex membri della coalizione conservatrice che se n'erano andati e rappresentano collegi fortemente conservatori che non avrebbero digerito un accordo con Julia la rossa. Insomma, sembrava in vantaggio Abbott, ma la signora Gillard ha lanciato un'offerta non rifiutabile, mettendo sul piatto qualcosa come 10 miliardi di dollari da investire nei collegi degli indipendenti. Il primo dei quattro a cedere è stato Andrew Wilkie, neo-eletto in un collegio della Tasmania solitamente bunker Laburista. Rimanevano i tre indipendenti ex conservatori Rob Oakeshott, Bob Katter e Tony Windsor. Dei tre l'unico a non aver ceduto alle avances della signora Gillard è stato Katter, in quanto la premier aveva risposto un secco no alla sua richiesta di maggiori misure protezionistiche. Gli altri due, nonostante l'appello finale lanciato dal leader aborigeno Noel Pearson che li incoraggiava ad appoggiare Abbott, alla fine hanno ceduto alle offerte della signora. I nodi però rimangono e sono molti. Il deputato verde infatti ha annunciato che presenterà un disegno di legge per l'approvazione dei matrimoni gay, cosa che ha mandato su tutte le furie la signora Gillard. La premier infatti, fin dal giorno in cui ha detronizzato Rudd ha subito chiarito che il cambio di leadership non avrebbe cambiato la posizione di contrarietà del Labor ai matrimoni gay. Poi c'è la legge dello stato del Queensland che delimita le aree di espansione aborigena. Questa legge voluta dal governo regionale laburista era la causa per cui il leader aborigeno Pearson aveva chiesto all'indipendente Oakeshott, sposato con un'aborigena e rappresentante di un collegio nel Queensland, di non appoggiare la Gillard, la quale nulla aveva fatto per rovesciare il provvedimento. Se nulla la Gillard aveva fatto quando aveva una amplia maggioranza, figurarsi se lo farà ora che la sua maggioranza dipende dagli ecologisti, principali sponsor del provvedimento nel Queensland. Rimane sul tavolo anche la tassa sul carbone che ha causato il crollo di consensi del Labor e le polemiche con gli industriali del settore su cui gli indipendenti sono assai dubbiosi. Inoltre c'è da contare l'elezione dello speaker che priverà la coalizione della Gillard di un voto e quindi ridurrà la maggioranza da 76 a 75 seggi, uno solo in più dell'opposizione conservatrice. Insomma, le premesse non sono buone, c'è inoltre da ricordare la divisione profonda interna al Labor, ancora scosso dal siluramento di Kevin Rudd.
Come ha più volte ricordato in queste settimane il leader conservatore Abbott, se i laburisti non sono stati in grado di governare con 20 seggi di margine, come potranno farlo ora che sono in minoranza? Insomma, si prevedono tempi difficili per la signora Gillard e l'impressione è che Tony Abbott l'abbia lasciata fare proprio per poter cuocere la signora a fuoco lento. Il leader conservatore è stato capace di ottenere un risultato impronosticabile solo sei mesi fa, arrivando ad ottenere addirittura la maggioranza relativa, e rimontando in nemmeno tre settimane un distacco di dieci punti. Abbott quindi esce comunque rafforzato dal risultato elettorale, zittiendo le opposizioni interne che lo consideravano troppo estremo, e potrà rivendicare che l'esecutivo è maggioranza in parlamento ma non nel paese. Test probabilmente decisivo per la tenuta di questa bislacca maggioranza saranno le elezioni regionali che si terranno a fine novembre nello stato di Victoria, lo stato della Gillard. I sondaggi prevedono un testa a testa serratissimo tra i laburisti in carica e l'opposizione conservatrice. Un' eventuale sconfitta laburista nello stato della premier farebbe riesplodere la guerra tra bande interna al Labor e metterebbe la pietra tombale su questa variopinta maggioranza.
Giovanni Rettore
da http://gio88-giova.blogspot.com/
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Come ha più volte ricordato in queste settimane il leader conservatore Abbott, se i laburisti non sono stati in grado di governare con 20 seggi di margine, come potranno farlo ora che sono in minoranza? Insomma, si prevedono tempi difficili per la signora Gillard e l'impressione è che Tony Abbott l'abbia lasciata fare proprio per poter cuocere la signora a fuoco lento. Il leader conservatore è stato capace di ottenere un risultato impronosticabile solo sei mesi fa, arrivando ad ottenere addirittura la maggioranza relativa, e rimontando in nemmeno tre settimane un distacco di dieci punti. Abbott quindi esce comunque rafforzato dal risultato elettorale, zittiendo le opposizioni interne che lo consideravano troppo estremo, e potrà rivendicare che l'esecutivo è maggioranza in parlamento ma non nel paese. Test probabilmente decisivo per la tenuta di questa bislacca maggioranza saranno le elezioni regionali che si terranno a fine novembre nello stato di Victoria, lo stato della Gillard. I sondaggi prevedono un testa a testa serratissimo tra i laburisti in carica e l'opposizione conservatrice. Un' eventuale sconfitta laburista nello stato della premier farebbe riesplodere la guerra tra bande interna al Labor e metterebbe la pietra tombale su questa variopinta maggioranza.
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