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In un precedente articolo, alla vigilia del ballottaggio, avevamo ripercorso le circostanze in cui è maturata e ha preso forza la candidatura di Luigi De Magistris a sindaco di Napoli. Qui ci proponiamo di analizzare numericamente la sua vittoria, sorprendente se non altro nelle proporzioni in cui si è manifestata.
Partiamo dai rapporti di forza nelle due precedenti tornate elettorali, vale a dire le europee del 2009 e le regionali del 2010. Le europee hanno il vantaggio di fornire un’ottima rappresentazione del voto politico e di opinione, in quanto si esprime il voto direttamente ai partiti ed è difficile che conoscenze dirette ed interessi personali influenzino i risultati. Orbene, in una competizione segnata da un clima sfavorevole al centrosinistra, screditato sia a livello nazionale che locale, a Napoli il csx era decisamente avanti al cdx (49 a 45,4, UDC escluso) in netta controtendenza con il dato regionale (42,1 a 48,4) e nazionale (43 a 48,5, inclusa ovviamente la Lega). Anche alle successive elezioni regionali, con un centrodestra al gran completo e la presenza di liste molto più competitive, a Napoli il candidato di destra finiva solo 3 punti avanti (49,3 contro 46,5) mentre a livello regionale i punti di distacco erano ben 11 (54,2 contro 43). Da segnalare la vittoria di De Luca nei quartieri residenziali di Vomero e Arenella, con un alto numero di voti disgiunti o al solo presidente, fattori che saranno cruciali nella futura vittoria di De Magistris.
Nel complesso, alla partenza delle comunali la situazione non era così negativa come ci si poteva aspettare per il centrosinistra; inoltre la grande frammentazione nel campo avverso rendeva impossibile una vittoria al primo turno, mentre il voto di opinione tradizionalmente di sinistra, insieme al “vento” nazionale, rendevano più che possibile una vittoria al ballottaggio, qualunque candidato ci fosse arrivato.
E’ al primo turno che si compie il vero “miracolo” di De Magistris. Sostenuto da partiti che alle regionali erano al 9% complessivo (IDV + Fds) raggiunge il 27,5%, con un risultato personale forse mai visto in elezioni precedenti; mentre Morcone, partendo da un 29% di lista alle regionali (PD + Sel), crolla ad un pessimo 19,1%. Molti commentatori hanno attribuito questo risultato ad un forte voto disgiunto da parte degli elettori di Sel e PD a favore dell’ex PM; in realtà, se si analizzano i dati, questo fenomeno è stato sì presente ma abbastanza contenuto (Morcone ha preso 89.280 voti, a fronte di 92.983 voti alle liste e 6.166 “solo sindaco”, quindi circa 10.000 voti disgiunti) mentre decisivi sono stati i 35.050 voti “solo sindaco” per De Magistris, pari al 7,5% dei voti complessivi. Impressionanti i dati del Vomero, dove ottiene più del doppio delle sue pur ottime liste, e dell’Arenella, dove i voti in più delle liste sono circa 8.000; il PD, per intenderci, si ferma a 4.797. Anche Lettieri prende qualche voto in più delle sue 11 liste (179.575 contro 176.901) ma considerando i 9.676 voti “solo sindaco” non è neanche lui immune dal voto disgiunto.
Nel complesso, De Magistris sfonda nei quartieri borghesi e residenziali (oltre ai succitati Vomero e Arenella, è avanti anche a Fuorigrotta, Bagnoli e all’Avvocata), mentre soffre nelle periferie e nei quartieri popolari, come Pianura, Scampia e Secondigliano, dove le liste di Lettieri ottengono risultati eccellenti. Uniche eccezioni Chiaia e Posillipo, quartieri ricchissimi e storiche roccaforti della destra, dove comunque De Magistris riesce a ottenere un discreto risultato.
Già al primo turno, quindi, si poteva notare un forte voto di opinione a vantaggio di De Magistris, mentre Lettieri basava la sua forza principalmente sulle sue liste; questa circostanza, unita al “vento” politico nazionale ed al background di sinistra della città di Napoli osservato all’inizio, poteva far prevedere una facile affermazione dell’ex-magistrato al secondo turno, considerando che al ballottaggio non si presentano le liste a supporto; vittoria che in effetti c’è stata ma ha sorpreso alcuni per le proporzioni. Com’è stato possibile per De Magistris, partendo da una base del 27,5% a cui sommare un 19% di Morcone, arrivare al 65,3%? E per Lettieri addirittura peggiorare?
La risposta, abbastanza scontata in verità, si ottiene analizzando l’affluenza. Negli ormai famigerati quartieri Vomero e Arenella, roccaforti di De Magistris, tra il primo ed il secondo turno l’affluenza scende di soli 4 punti, a fronte di 10 punti di media complessiva. Al contrario a Secondigliano e Pianura, quartieri dove Lettieri era andato alla grande al primo turno, l’affluenza cala rispettivamente di 13 ed 11 punti percentuali. A S.Pietro a Patierno, dove al primo turno era finita addirittura 53 a 8 per Lettieri, l’affluenza crolla addirittura dal 60 al 41 percento; resterà l’unico quartiere dove prevale Lettieri, ma di solo 7 punti contro i 45 che aveva di vantaggio al primo turno. E’ chiaro quindi che l’elettorato di De Magistris, molto motivato, si è recato in massa a votare al ballottaggio, così come presumibilmente la gran parte degli elettori di Sel e PD. Al contrario, Lettieri non è riuscito a riportare alle urne molti suoi elettori del primo turno, mentre ha raccolto pochissimo anche tra coloro che al primo turno avevano sostenuto il Terzo Polo o Mastella, fedeli alleati del PDL alla regione e alla provincia.
Le conclusioni sono lampanti: al primo turno Lettieri non era avanti perché i napoletani credessero in lui, ma semplicemente perché sostenuto da liste più abili nel raccogliere in qualche modo le preferenze dei quartieri popolari. Venute meno le liste, è uscita fuori la valenza reale di queste elezioni: un voto netto e squisitamente di opinione. Sperando che, almeno questa volta, non sia quella sbagliata.
Pablito