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La campagna elettorale per le elezioni Comunali di Milano è stata una corsa a tappe straordinariamente intensa e lunga, sia per il vittorioso centrosinistra che per la nuova opposizione cittadina di centrodestra. Proviamo a ripercorrere, in quattro tappe, questo viaggio e a ricordarne i momenti più importanti.
SECONDA PARTE – IL DUELLO
Giuliano Pisapia sceglie di incentrare la campagna elettorale sui cittadini: si rivolge direttamente al popolo progressista che lo ha scelto alle primarie per scrivere il programma di governo della città e richiama più di mille volontari ai tavoli tematici (Scuola, Cultura, Lavoro, Ambiente ecc) dell’”Officina per la Città”. Si tratta di un’operazione molto intelligente, perché porta i tantissimi milanesi che si sono spesi per scrivere in prima persona le pagine del programma elettorale ad attivarsi anche per diffonderlo e portarlo a conoscenza di tutti i cittadini. Il primo slogan di Pisapia che compare sui manifesti è “La forza gentile per cambiare Milano”, accompagnato dal volto serio, mite e timido dell’avvocato. Scritte arancioni su un tranquillizzante sfondo di interno borghese (una libreria) per confermare un’idea di candidato semplice e tranquillo, anche se determinato a battersi per conquistare Palazzo Marino dopo 18 anni di centrodestra.
Il Partito Democratico affida a Stefano Boeri il compito di guidare il partito e lo nomina capolista per il Consiglio Comunale. Tra i nomi di spicco anche Carlo Monguzzi, già Assessore all’ambiente della Regione Lombardia con Bruno Tabbacci e storico esponente dei Verdi, passato nel 2009 al PD. Tra i volti noti anche il capogruppo Majorino. Davide Corritore, consigliere comunale uscente, non si ripresenta ma assume il ruolo di spin doctor della campagna elettorale di Pisapia, dopo averlo apertamente sostenuto alle primarie. Molte delle sue intuizioni si riveleranno determinanti per l’esito finale della sfida.
Il Popolo della Libertà presenta come capolista Silvio Berlusconi, intenzionato a fare delle elezioni amministrative un referendum sul Governo e sulla sua persona, in modo da allontanare gli spettri e le ombre che si proiettano sul suo percorso politico dalla Procura di Milano, dall’abbandono di Gianfranco Fini e da un’opinione pubblica scossa per gli scandali sessuali che lo hanno riguardato. La campagna elettorale del PDL sarà segnata dal personaggio Roberto Lassini, autore di una campagna a sostegno del Premier che si concretizza con l’esposizione in tutta la città di manifesti particolarmente forti contro sinistra e magistrati e facilmente associabili tra loro per la grafica semplice ed efficace. Il successo di questa campagna porta Lassini a peccare di superficialità quando decide di forzare al limite della decenza i suoi slogan: “Fuori le BR dalle Procure” , in riferimento alle famigerate “toghe rosse” che dal 1994 “perseguitano” Berlusconi, gli costa l’appoggio ufficiale del partito e la richiesta di Letizia Moratti a ritirare la propria candidatura al Consiglio Comunale, anche per le sconvolgenti polemiche nazionali che arrivano sino alla scrivania del Presidente della Repubblica Napolitano. Lassini rimane comunque in lista e alla vigilia del voto dichiara di non voler rinunciare al posto in Consiglio in caso di elezione.
Il Terzo Polo scioglie alla fine i propri dubbi e candida a sindaco Manfredi Palmeri, presidente del Consiglio Comunale uscente, eletto nel 2006 in quota Forza Italia ma in rotta con il partito del Premier. L’alternativa è Bruno Tabbacci, ma alla fine prevale l’idea di un candidato giovane e più accattivante. FLI sceglie di costituire una lista unitaria con API, all’interno della quale spicca Sara Giudice, la cosiddetta “anti – Minetti” del centrodestra, giovane consigliera di zona nota appunto per la battaglia meritocratica condotta nel PDL sino all’abbandono del partito, in polemica coi vertici locali.
La campagna di Palmeri non riesce mai a decollare veramente, relegato ai margini di uno scontro ogni giorno più acceso tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia. Molto più efficace la campagna elettorale di Mattia Calise, candidato ventenne del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo (più volte a Milano per lanciare il giovane e spericolato studente), che punta tutto sull’innovativa formula della democrazia partecipata che nasce sul web e scuote i vecchi sistemi di potere. Calise, senza soldi e senza spazi per i manifesti, riesce a porsi più volte al centro del dibattito politico, adombrando spesso il più gettonato Palmeri nella sfida per la palma di “terzo incomodo”.
Cresce l’entusiasmo nel centrosinistra per Giuliano Pisapia: la coalizione sembra in grado di portare avanti la campagna elettorale senza frizioni tra i partiti, il candidato sindaco riesce a raccogliere consensi perduti da anni nell’astensionismo grazie al suo coraggioso recupero di valori dimenticati. Sempre più persone si dedicano spontaneamente alla campagna elettorale, sempre più volontari (anche giovanissimi) totalmente estranei ai partiti iniziano a dedicare il proprio tempo libero alle iniziative in favore di Pisapia o addirittura all’organizzazione delle stesse. Nei nuovi manifesti elettorali Pisapia inizia ad abbozzare un sorriso dietro le labbra e appare il nuovo slogan arancione: “Il Vento cambia davvero!”.
Letizia Moratti sembra però convinta di poter chiudere la partita già al primo turno, senza correre il rischio del ballottaggio, e il 7 maggio si concede un bagno di folla insieme a Berlusconi al Palasharp, il palazzetto dello sport che pochi mesi prima aveva ospitato la manifestazione di Libertà e Giustizia per chiedere le dimissioni del premier. Questo evento però nasconde degli espedienti: un intero anello di posti a sedere viene chiuso al pubblico, mentre autobus di militanti PDL accorrono da tutta la Lombardia per riempire le file di sedie sotto al palco. I sondaggi sembrano confermare un vantaggio di Letizia Moratti, ma l’ipotesi del ballottaggio inizia a circolare con insistenza.
Il 10 maggio Pisapia lancia una grande iniziativa in piazza Duca D’Aosta, davanti alla stazione Centrale: “Milano Libera Tutti!”, un maxi concerto con i gruppi rock Afterhours e Subsonica e Dj set con lo stesso Pisapia e Stefano Boeri alla console. Il successo dell’iniziativa è impressionante, ventimila giovani accorrono da tutta Milano e dalla provincia per assistere al concerto gratuito e l’enorme piazza diventa improvvisamente troppo piccola per ospitare tutti.
Nichi Vendola torna a Milano e, accolto da diecimila sostenitori di SEL, infiamma la campagna elettorale con un discorso di oltre due ore sotto l’Arco della Pace. Due giorni dopo tocca al segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani galvanizzare i militanti: l’entusiasmo c’è, inizia a crescere anche l’ottimismo. Intanto la società civile milanese si mobilita massicciamente per l’avvocato: nasce il “Comitato 51”, un circolo che racchiude un’ampia fascia della borghesia milanese capeggiata da Piero Bassetti, già presidente democristiano della Regione. In favore di Pisapia si mobilita anche l’ex sindaco socialista Tognoli, ed è un segnale importante per comprendere i risultati elettorali che poi analizzeremo. Intanto, sui manifesti, Pisapia inizia a sfoderare un bellissimo sorriso a 32 denti su sfondo verde speranza e scritte arancioni, il colore della sua campagna elettorale.
Il centrodestra dimostra una certa preoccupazione negli ultimi giorni di campagna elettorale, tanto che Letizia Moratti viene spinta da alcuni spin doctor ad alzare i toni dello scontro ben oltre i suoi consueti livelli. Nel duello televisivo di Sky, il sindaco uscente approfitta della dichiarazione finale per ricordare un processo in cui Giuliano Pisapia era stato coinvolto negli anni Ottanta, confondendo un’assoluzione piena con l’amnistia. Esplode la polemica: Pisapia, dopo aver rifiutato la stretta di mano del sindaco in diretta tv, querela la Moratti, la quale deve goffamente ritrattare nelle ore successive le sconsiderate accuse. Sul web si infiamma l’ironia e Pisapia diventa quasi una pop star al centro dei commenti sarcastici dei sostenitori, che lo accusano benignamente di ogni sorta di “colpa”, facendo così scherno della campagna elettorale del PDL contro l’avvocato.
Il 13 maggio, davanti a quarantamila persone, Giuliano Pisapia chiude in Piazza del Duomo la prima parte della sua campagna elettorale accompagnato da Roberto Vecchioni, che dedica all’avvocato le parole di “Chiamami ancora amore” evocando la fine di una “lunga notte” durata ormai 18 anni.
Angelo T