sabato 10 novembre 2012

Elezioni USA – Il carro dei vincitori


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Editoriale di libero7,

Ci stanno salendo in tanti, sul carro di Obama: opportunisti, opinionisti, politicanti di tutto il mondo (l’Italia, in questo campo, è sempre ben rappresentata). Ma vediamo chi può occupare a pieno titolo un posto, sul quel carro, accanto al 44° Presidente rieletto.

1.       La famiglia. Meravigliosa Michelle, si è gettata a testa bassa nella campagna elettorale, percorrendo l’America in lungo e in largo, presenziando a rally e trasmissione televisive, dando testimonianza di fede e di passione. Ovunque ha portato il suo messaggio contribuendo a umanizzare il marito Presidente.  Promettono bene anche le figlie: avete notato Sasha che suggerisce al padre di voltarsi a salutare la folla dietro di lui, appena prima del Victory speech di Chicago? A new dynasty is coming?

2.       Joe Biden. Il VP ha fatto il suo dovere, soprattutto nella fase più delicata della campagna: il dibattito con Ryan è stato il momento chiave, Obama stava perdendo consensi giorno dopo giorno, dopo il primo disastroso dibattito di Denver,ma la sua coraggiosa prestazione contro l’avversario repubblicano ha in qualche modo arrestato l’emorragia, ridando fiducia ai supporters disorientati e nuova energia al Presidente.  Eroico.

3.       Bill Clinton. The Big Dog è stato preziosissimo. Memorabile il suo discorso alla Convention democratica, instancabile la sua attività di sostegno a Obama durante la campagna. Tutto ciò non era scontato un paio di mesi fa, poi è successo qualcosa che l’ha convinto a spendersi senza remore per la causa del Presidente. Compito eseguito alla grande: se Obama è comunque riuscito a raccogliere quasi il 40% del voto bianco, è in gran parte merito suo. Monumento equestre.

4.       Le donne Afroamericane. Non hanno tradito Obama, l’hanno votato in massa (96%) trascinando mariti, figli e fratelli, più riluttanti. Era prevedibile, ma si temeva un appannamento dell’infatuazione per il “loro” Presidente. E invece no, si sono mobilitate, l’hanno sostenuto e infine votato. Sista, this win is your win. Affidabili.

5.       Latinos e Asians: le “minoranze” hanno votato massicciamente per Obama, risultando decisivi in alcuni Stati (New Mexico, Nevada, Colorado e  Florida). Se i Dems fidelizzano questo voto, considerata la grande spinta demografica di queste comunità, potranno mantenere  la Casa Bianca a lungo. E non mi stupirei se nel ticket del 2016 facesse la sua comparsa un politico latino. Futuribili.

6.       Lo staff di Obama. I Chicago boys, capeggiati da Jim Messina e David Axelrod, ancora una volta hanno fatto un lavoro eccezionale, rivitalizzando un partito stordito dalla batosta delle elezioni di medio termine del 2010, rinvigorendo la macchina del volontariato, e concentrando la campagna sugli obiettivi giusti. Sono costati un bel po’, ma ne valeva la pena. Professionisti.

7.       Nate Silver e Sam Wang. Non sono supporters, e nemmeno fiancheggiatori.  Si occupano di numeri, e lo sanno fare bene. Prendono i sondaggi e li analizzano fino ad estrarne l’essenza e ad attribuirgli il giusto peso. Con i loro metodi (diversi, ma simili) sono arrivati alla stessa conclusione, che Obama avrebbe vinto, e hanno azzeccato l’esito di tutte le sfide, compresa la differenza finale nel voto popolare. Meritano un posto sul carro perché hanno sempre creduto alla vittoria di Obama, anche quando (certi)i sondaggi sembravano togliere certezze, e nonostante alcuni analisti mettessero in dubbio le loro capacità predittive. Profetici.    

8.       L’Ohio. Se nel 2008 era stata la chiamata della Virginia a far scattare i festeggiamenti, stavolta l’onore è toccato al Buckeye State. La battaglia elettorale qui è stata durissima, entrambi gli schieramenti hanno investito una bella fetta del loro budget, alla fine gli ohioans hanno resistito alle sirene repubblicane, e hanno premiato la continuità. Firewall.  

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