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Il centrosinistra friul-giuliano potrebbe vincere le prossime elezioni regionali, anzi, potrebbe pure partire favorito se non gli mancassero alcune cose: un candidato, un programma e un’alleanza
Per capire come possa il centrosinistra essere così in ritardo, bisogna ripercorrere la storia del Pd regionale. Il partito nasce con una fusione fredda, freddissima, tra i gruppo dirigenti Ds e Margherita alla vigilia delle elezioni regionali. Invece di approfondire i limiti dell’esperienza del governo Illy e cercare qualche correttivo si preferisce, rassicurati da tutti i sondaggisti, dedicarsi a sistemare le diverse anime del partito spartendosi candidature e futuri incarichi, certi che il cittadini confermeranno la buona ma un po’ troppo impolitica stagione di governo dell’uomo del caffè.
Il ciclone berlusconian-leghista si abbatte su un incredulo partito. In aggiunta arrivano le dimissioni di Veltroni e l’interregno di Franceschini. Finchè, in un sabato qualunque accade un fatto destinato a cambiare la storia del Pd regionale. Piccola premessa, prima del sabato a cui mi riferisco, cioè l’assemblea a Roma dei segretari di circolo, la segretaria del circolo di Udine Debora Serracchiani aveva fatto un bellicoso intervento in direzione regionale che la sonnecchiosa assemblea non aveva ascoltato più di tanto. Invece lo stesso discorso fatto in un’assemblea nazionale e organizzato, si dice, dagli spin doctor veltroniani, diventa un fenomeno mediatico e lanciano la consigliera provinciale udinese nell’empireo della politica nazionale e poi al Parlamento europeo con una valanga di preferenze
Mollato Veltroni, la Serracchiani si candida come segretaria regionale per Franceschini, e qui comincia una nuova storia: Debora vince, ma non di molto, mettendo in piedi una multicolore maggioranza che va dai “duri e puri” del rinnovamento fino a fedeli di Fioroni. La sua maggioranza non dura assai, tanto che il partito regionale si trasforma presto in un campo di battaglia tra le più disparate tribù. Franceschiniani, bersaniani, fioroni ani, mariniani, veltroniani, lettiani e altri gruppetti si agitano e si scontrano in continuazione. Un modo per calmare tutti ci sarebbe: la candidatura della Serracchiani a presidente della Regione nel 2013 ma pare che lei non ne voglia sapere, preferendo un trasloco da Bruxelles a Roma per tentare una carriera nazionale.Per capire come possa il centrosinistra essere così in ritardo, bisogna ripercorrere la storia del Pd regionale. Il partito nasce con una fusione fredda, freddissima, tra i gruppo dirigenti Ds e Margherita alla vigilia delle elezioni regionali. Invece di approfondire i limiti dell’esperienza del governo Illy e cercare qualche correttivo si preferisce, rassicurati da tutti i sondaggisti, dedicarsi a sistemare le diverse anime del partito spartendosi candidature e futuri incarichi, certi che il cittadini confermeranno la buona ma un po’ troppo impolitica stagione di governo dell’uomo del caffè.
Il ciclone berlusconian-leghista si abbatte su un incredulo partito. In aggiunta arrivano le dimissioni di Veltroni e l’interregno di Franceschini. Finchè, in un sabato qualunque accade un fatto destinato a cambiare la storia del Pd regionale. Piccola premessa, prima del sabato a cui mi riferisco, cioè l’assemblea a Roma dei segretari di circolo, la segretaria del circolo di Udine Debora Serracchiani aveva fatto un bellicoso intervento in direzione regionale che la sonnecchiosa assemblea non aveva ascoltato più di tanto. Invece lo stesso discorso fatto in un’assemblea nazionale e organizzato, si dice, dagli spin doctor veltroniani, diventa un fenomeno mediatico e lanciano la consigliera provinciale udinese nell’empireo della politica nazionale e poi al Parlamento europeo con una valanga di preferenze
Arriviamo ai giorni nostri: il segretario nazionale arriva a Gorizia e chiede a tutti di fermarsi, lavorare al programma e all’alleanza e pensare dopo al candidato. Più facile a dirsi che a farsi. Infatti i candidati scalpitano: uno è l’ex sindaco di Pordenone Sergio Bolzonello che appare sostenuto dalla segretaria ma è visto come fumo negli occhi da buona parte degli ex Margherita e non ha ancora deciso se sciogliere la sua lista civica per confluire nel Pd, l’altro è il parlamentare Alessandro Maran ex Ds ma troppo veltroniano per piacere a molti ex compagni di partito. Così il Pd si trova paralizzato tra una segretaria molto popolare che non vuole candidarsi, due candidati che non scaldano molto i cuori e un quarto incomodo, il sindaco di Udine. Nel disastro del 2008, infatti, la vittoria di Furio Honsell nel capoluogo del Friuli fu l’unica buona notizia. Da allora il sindaco di Udine ha costruito con abilità la sua immagine pubblica (già frequentava da tempo il salotto televisivo di Fazio) e calibrando con cura moderazione e radicalismo, amicizie a sinistra e un buon rapporto con il Pd, si è costruito l’immagine del campione del centrosinistra. Al momento pare intenzionato a ricandidarsi a sindaco ma non disdegnerebbe l’eventualità di candidarsi alle primarie del centrosinistra qualora il Pd continuasse a rimanere diviso tra i due non eccitanti candidati. Mentre il Pd trascina un po’ stancamente la sua conferenza programmatica e tenta una mediazione tra le diverse anime, Honsell è tiratissimo per la giacca da Sel, Idv e Fds, consapevoli che sostenendolo alle primarie replicherebbero i risultati di Milano e Genova. E forse il sindaco comincia a piacere anche ai bersaniani che lo preferirebbero a due candidati che non amano molto.
Insomma, a meno di un anno dalle elezioni il centrosinistra regionale, e soprattutto il Pd, sembrano come quel tale che ha acquistato il biglietto vincente della lotteria e non riesce a trovarlo, mentre il tempo passa e la data di scadenza è sempre più vicina.
Commodo
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