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Si sono concluse ieri in Grecia le elezioni più importanti degli ultimi decenni, fondamentali non solo per gli aspetti nazionali, ma per gli equilibri dell'intera Europa.
I cittadini greci erano chiamati a eleggere il Parlamento ed indicare quale assetto attribuire al governo: se puntare alla continuità con gli impegni presi dal precedente governo di unità nazionale, votati al rigore, al risanamento dei conti e alle dure misure economiche imposte dall'Unione Europea per concedere allo Stato greco prestiti miliardari, o se scegliere una netta discontinuità rinnegando gli accordi presi e negoziare nuovi accordi con l'UE (con tutti i rischi del caso).
Nelle settimane precedenti il voto non sono mancati gli appelli alla 'responsabilità' del popolo greco, provenienti dalle istituzioni europee, dalla stampa e persino da stati extra-europei come gli USA, dato che l'elezione di un esecutivo contrario al memorandum UE avrebbe significato (si temeva) la probabile uscita della Grecia dall'euro, con possibili ricadute sui paesi europei più indeboliti dalla crisi e gravi ripercussioni sull'intera economia globale; le borse ed i mercati hanno accentuato questa pressione, aggredendo ferocemente l'economia europea.
Alla prova dei fatti, in quello che era divenuto quasi un referendum pro o contro il rispetto degli impegni e dei vincoli UE, i cittadini greci hanno preferito una strada sicura, seppur irta di sacrifici, ad un salto nel buio, indicando come primo partito la Nuova Democrazia di Antonis Samaras, che grazie al forte premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale greca dovrebbe poter formare un governo di coalizione con i socialisti del Pasok e dotare finalmente il paese di un esecutivo stabile (almeno in teoria).
Questa tornata elettorale è la seconda che i greci affrontano in meno di due mesi: dopo lo scioglimento del governo di unità nazionale composto da Pasok, ND e Laos, nel maggio 2012 si sono svolte in Grecia le elezioni politiche, i cui risultati estremamente frammentati non hanno però permesso (nonostante i tentativi) la creazione di un governo stabile dotato di una maggioranza parlamentare.
Qui i dati della tornata di maggio:
Nelle elezioni di maggio, come si nota, era avvenuto un vero e proprio tracollo dei "partiti tradizionali", Pasok ed Nuova Democrazia, in favore di nuove forze politiche, come Syriza, Dimar, Anel e (purtroppo) i neonazisti di Alba Dorata (XA); il Pasok in particolare, che si era assunto l'onere principale delle misure di austerità, aveva visto crollare i suoi consensi ad 1/4 di quelli precedenti.
Nel voto, fortemente dispersivo, ben il 19% dei voti validi era andato a partiti troppo piccoli per superare la soglia di sbarramento del 3% prevista dalla legge elettorale, e non aveva quindi condotto ad alcuna rappresentanza parlamentare.
Dopo infruttuosi tentativi di allargare la coalizione di governo tra ND e Pasok (dotati insieme di soli 149 seggi, e dunque impossibilitati a raggiungere la maggioranza assoluta di 151 alla Camera) ad altre forze politiche, si era reso necessario ripetere il voto e tornare alle elezioni, quelle avvenute ieri, 17 giugno.
Le differenze rispetto alla precedente tornata sono principalmente due:
I) Polarizzazione delle forze politiche: Se alla tornata di maggio nessun partito aveva raggiunto il 20% delle preferenze di voto, queste elezioni hanno visto instaurarsi un bipolarismo tra l'ND di Samaras (forza dominante di cdx) e la Syriza di Tsipras (forza dominante di sinistra), entrambe superiori al 25%.
II) Voto utile: Nelle elezioni di giugno appena il 6% dei voti è andato ai piccoli partiti, meno di 1/3 della precedente consultazione.
Temendo una nuova impasse politica, dunque, gli elettori greci hanno preferito puntare sui partiti medio-grandi, che assicuravano la possibilità di rappresentanza parlamentare.
Questi dunque i risultati:
Nuova Democrazia (ND) 129 seggi
Syriza 71 seggi
Pasok 33 seggi
Indipendentisti (Anel) 20 seggi
Alba Dorata (XA) 18 seggi
Dimar 17 seggi
Comunisti (KKE) 12 seggi
L' ND, saldamente primo partito, può ora aprire le consultazioni per la formazione del governo; insieme al Pasok godrebbe di una maggioranza di 162 seggi (maggioranza +12), se si aggregasse anche la Dimar la coalizione salirebbe a 179 ( maggioranza +29).
Analizzando i flussi di voto, si può notare come a pagare maggiormente la breve esperienza parlamentare siano stati gli Indipendentisti, i cui voti (ed anche alcuni esponenti politici) sono ri-confluiti in Nuova Democrazia, ed i comunisti del KKE, il cui ostinato rifiuto ad ogni compromesso od alleanza con altri partiti, anche appartenenti alla medesima parte politica, li ha condotti ad un isolamento risultato autodistruttivo; nonostante le violente provocazioni e le pessime figure istituzionali di Alba Dorata, invece, la stella del partito neonazista non pare essersi offuscata, grazie anche al fascino che i proclami estremisti e xenofobi del partito ispirano in alcune fasce della popolazione.
La Dimar ha sfruttato il suo basso profilo moderato per mantenere sostanzialmente invariati i suoi voti, cosa non facile vista la forza attrattiva esercitata da Syriza sull'elettorato di centrosinistra, mentre il Laos continua a pagare duramente l'appoggio dato al governo di unità nazionale ed a subire la 'concorrenza a destra' di Alba Dorata, restando anche questa volta fuori dal Parlamento.
Pare molto probabile, dagli accordi informali e dalle dichiarazioni pre-elettorali, che il leader dell'ND rinunci a rivendicare la carica di primo ministro in favore di una figura esterna super partes, un tecnico "alla Mario Monti" che permetta ai partiti della coalizione di trovare un maggior equilibrio e al paese di affrontare la dure crisi economica che ancora lo attanaglia; a tal fine, i mercati e la politica internazionale sollecitano la Grecia a varare al più presto il nuovo esecutivo, che dovrebbe nascere in tempi celeri, forse già in un paio di giorni.
Il mondo, che per un giorno ha tenuto il fiato sospeso osservando la Grecia, resta in attesa degli sviluppi della situazione ellenica....
Enrico C.
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