venerdì 20 aprile 2012

Francia 2012 all’Eliseo si preparano le valigie.

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A leggere i sondaggi il primo turno sarà combattuto ma per il ballottaggio non ci sarà storia: Nicolas Sarkozy è spacciato. Con stime che variano dal 53 al 58% Hollande dovrebbe insediarsi all’Eliseo, ridando fiato a una sinistra europea che in questi ultimi anni era uscita da tutti i governi dei maggiori paesi dell’Unione.
In realtà più che una sfida tra i due si è trattato di un referendum sul presidente uscente. Un referendum che lui stesso ha preteso, concentrando su di sé, sulla sua persona e sulla sua vita il dibattito politico francese.
Arrivato all’Eliseo cinque anni fa, Sarkozy ha cercato di rompere il tradizionale modello politico e sociale del paese, quel paradosso francese per il quale in una nazione dove la sinistra aveva governato molto poco rispetto al resto d’Europa (solo due mandati presidenziali nella V Repubblica), il modello sociale ed economico era sempre stato lontano dai furori liberisti di gran moda negli ultimi trenta anni.

Sarkozy aveva puntato sulle liberalizzazioni, su un rapporto amichevole con la destra americana (dopo il gelo degli anni di Chirac), sullo sdoganamento di certi sentimenti un po’ xenofobi e su un patto di ferro con la Germania che in patria è stato visto come una umiliante sudditanza ai vicini d’oltre Reno.
Ma il sarkozismo è stato anche immagine, narrazione si direbbe dalle nostre parti, alla quale non è seguito granché di concreto. Il tentativo di aprire le porte del governo a esponenti di sinistra per accreditarsi come il “presidente di tutti i francesi” si è risolto in un bluff, l’esibito pugno di ferro contro violenze e insicurezza ha lasciato le balie più insicure e riottose di prima e la stessa ostentazione della vita privata, che ha avuto pochi precedenti nella V Repubblica, non è piaciuta assai. I francesi, si sa, non sono bacchettoni e perdonano le intemperanze private dei loro leader politici. Se lo fanno in privato però, e Da De Gaulle a Mitterand nessuno aveva esibito la propria vita come l’attuale presidente.
Infine c’è l’economia: il paese ha retto abbastanza alla crisi, forse perché il suo sistema economico era meno esposto alle turbolenze attuali e perché ha saputo trarre profitto dalle disgrazie dei vicini italiani e spagnoli. Resta il fatto che la disoccupazione comincia a mordere, la banche iniziano ad andare in affanno e lo spread incalza. Così, dopo un primo declassamento in questo inverno da parte delle agenzie di rating, si parla già di un secondo passo indietro del paese.
La Francia, insomma, più che affrontare la crisi si è nascosta dietro all’obbedienza ai diktat tedeschi e alle tragedie dei paesi mediterranei.
E Hollande? Vinte le primarie più perché capace nel muoversi nell’apparato socialista che per essere un trascinatore di folle, il candidato della sinistra, ha tenuto un profilo modesto e da persona normale, niente grandeur o sogni, ma una certa dose di concretezza e soprattutto una promessa: “Se vinco rimetto in discussione l’Europa a guida tedesca”. Insomma, frau Merkel è avvertita, se vince la gauche basta con l’ossessione rigorista
E gli altri? Questa volta sono almeno tre e insieme porterebbero a casa almeno il 40% dell’elettorato al primo turno. La signora Le Pen, che pare avere ereditato lo scettro del padre alla guida della Francia razzista, antieuropea e che non si è ancora rassegnata alla rivoluzione del 1789 che viaggia oltre il 15%; Melenchon che con un programma irrealizzabile è uno stile istrionico è riuscito nell’impresa di raccogliere quasi tutto ciò che sta a sinistra del Ps e promette di non far mancare al II turno i suoi voti (intorno al 13%) al candidato socialista; e poi Bayrou la cui proposta di un centro autonomo in un paese che ama molto dividersi in droite e gauche non riesce a schiodarsi da un mistero 10%.
Così, se non dovessero accadere cose straordinarie, l’unico presidente che non ha realizzato grandi opere pubbliche in sua memoria lascerà come ricordo solo il suo ego smisurato e l’eleganza della moglie italiana.
Da Hollande nessuno si aspetta grandi rivoluzioni ma qualcun altro, dalle parti di Berlino, teme che arriveranno dei problemi. In fondo sono in tanti che aspettano qualcuno che si metta alla testa di un fronte antitedesco. Potrebbe così arrivare dalle elezioni più grigie e meno appassionate che la storia francese degli ultimi decenni arrivare una svolta che rimetta in moto un po’ di politica alternativa alla dittatura dei ragionieri di Francoforte.

Commodo


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